Chemioterapia a base di Gemcitabina o Capecitabina per il carcinoma del pancreas localmente avanzato


Nel Regno Unito, la chemioterapia è il trattamento standard per il carcinoma pancreatico inoperabile, localmente avanzato e non-metastatico.

Anche la chemioradioterapia rappresenta un’opzione di trattamento accettabile, per la quale possono essere utilizzate Gemcitabina, Fluorouracile o Capecitabina come agenti chemioterapici concomitanti.

È stato condotto uno studio per valutare attività, sicurezza e possibilità di utilizzo delle chemioradioterapie basate su Gemcitabina ( Gemzar ) e Capecitabina ( Xeloda ) dopo chemioterapia di induzione per i pazienti con carcinoma del pancreas localmente avanzato.

Nello studio in aperto, randomizzato, a 2 bracci e di fase 2, i pazienti di età uguale o superiore a 18 anni con cancro del pancreas localmente avanzato e dimostrato istologicamente ( con un diametro del tumore uguale o inferiore a 7 cm ) sono stati arruolati in 28 centri nel Regno Unito nel periodo 2009-2011.

Dopo 12 settimane di chemioterapia di induzione con Gemcitabina e Capecitabina ( 3 cicli di Gemcitabina [ 1000 mg/m2 nei giorni 1, 8, 15 di un ciclo di 28 giorni ] e Capecitabina [ 830 mg/m2 2 volte al giorno nei giorni 1-21 di un ciclo di 28 giorni ] ), i pazienti con malattia stabile o responsiva, un diametro tumorale uguale o inferiore a 6 cm e un performance status dell’Organizzazione mondiale della sanità ( Oms ) di 0-1, sono stati assegnati in maniera casuale a ricevere un ulteriore ciclo di chemioterapia con Gemcitabina e Capecitabina seguito da Gemcitabina ( 300 mg/m2 una volta a settimana ) o Capecitabina ( 830 mg/m2 2 volte al giorno, solo da lunedì a venerdì ), entrambi in combinazione con radioterapia ( 50.4 Gy in 28 frazioni ).

L’endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione a 9 mesi, analizzata per intention-to-treat e includendo solo quei pazienti con una valida valutazione alla tomografia computerizzata.

In totale, 114 pazienti sono stati registrati e 74 assegnati casualmente ai trattamenti ( 38 al gruppo Gemcitabina e 36 a quello Capecitabina ).

Dopo 9 mesi, 22 dei 35 pazienti valutabili ( 62.9% ) nel gruppo Capecitabina e 18 dei 35 valutabili ( 51.4% ) in quello Gemcitabina non avevano mostrato progressione.

La sopravvivenza generale mediana è stata 15.2 mesi nel gruppo Capecitabina e 13.4 mesi nel gruppo Gemcitabina ( hazard ratio aggiustato [ aHR ] 0.39; p=0.012 ).

La sopravvivenza generale a 12 mesi è stata pari al 79.2% nel gruppo Capecitabina e 64.2% in quello Gemcitabina.

La sopravvivenza mediana libera da progressione è stata di 12.0 mesi nel gruppo Capecitabina e di 10.4 mesi in quello Gemcitabina ( aHR=0.60; p=0.11 ).

Otto pazienti nel gruppo Capecitabina e 7 in quello Gemcitabina hanno mostrato risposta oggettiva a 26 settimane.

Più pazienti nel gruppo Gemcitabina che in quello Capecitabina hanno mostrato effetti tossici ematologici di grado 3-4 ( 18% vs nessuno, p=0.008 ) e non-ematologici ( 26% vs 12%, p=0.12 ) durante il trattamento di chemioradiazione; gli eventi più frequenti sono stati leucopenia, neutropenia e fatigue.

Due pazienti nel gruppo Capecitabina hanno mostrato progressione della malattia nel corso del quarto ciclo di chemioterapia di induzione.

Dei 34 pazienti nel gruppo Capecitabina che hanno ricevuto chemioradioterapia, 25 ( 74% ) hanno ricevuto la dose completa da protocollo di radioterapia, rispetto a 26 ( 68% ) dei 38 pazienti nel gruppo Gemcitabina.

I paunteggi legati alla qualità di vita non hanno mostrato differenze significative tra i gruppi di trattamento.

In conclusione, questi risultati suggeriscono che un regime basato su Capecitabina potrebbe essere preferibile a uno basato su Gemcitabina nel contesto di chemioterapia di consolidamento dopo un ciclo di chemioterapia di induzione per tumore del pancreas localmente avanzato.

Tuttavia, queste osservazioni devono essere interpretate con cautela perché la differenza nell’endpoint primario non è risultata significativa e il numero di pazienti nello studio era piccolo. ( Xagena2013 )

Mukherjee S et al, Lancet Oncol 2013; 14: 317-326

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